Non sono un'assassina

Non sono un'assassina
Rosaria Russo

Ero entrata in quel parco quel pomeriggio per rilassarmi, per scrollarmi di dosso le otto ore trascorsa china sulla scrivania, ma mai avrei immaginato quello che sarebbe successo dopo… Erano le diciotto, e come ogni giorno arrivai alla mia solita panchina, quella appartata sotto il grande albero. Si respirava quell’aria fresca e quasi incontaminata dalle auto e dai loro gas tossici. Era tutto perfetto, o quasi, di certo non la mia vita. Trentadue anni, una storia di dieci finita male a causa di un tradimento di lui con la sua segretaria, un progetto di matrimonio imminente e quindi futuri figli, infranto. Anche il lavoro non era un granché, nulla a che vedere con i miei progetti di ragazza quando sognavo di scrivere come giornalista per un giornale importante, e invece mi ero ritrovata in una redazione ma solo a fare lavoro di ufficio, a smistare posta, insomma nulla che valesse la pena raccontare. Come facevo sempre, cominciai a guardarmi intorno, a osservare quello che mi circondava. Quando li vidi rimasi affascinata, erano un uomo e una donna, di spalle, eleganti, mano nella mano. Si sedettero su una panchina un po’ più avanti della mia. Sembrava parlassero ma senza mai guardarsi, infatti non riuscì nemmeno a scorgere i loro profili. Poi, ad un certo punto lui si alzò, prese il telefono e andò via dalla mia visuale. Lei prese qualcosa dalla borsa, sembrava essere un libro, lo appoggiò al suo fianco. Dopo qualche minuto lui tornò, le ridiede la mano e andarono via, insieme. Il libro, o qualunque cosa fosse invece era ancora lì, su quella panchina. Avrei potuto urlare, chiamarli a gran voce per dirglielo ma non lo feci, un po’ per timidezza e anche per una specie di voce interiore che mi diceva di non farlo. Quando vidi le loro sagome uscire dal cancello mi avvicinai e mi sedetti. Feci l’indifferente, provai a non dare nell’occhio. Presi il telefono, fingendo di mandare qualche messaggio e poi afferrai quel libro. Lo guardai bene e mi accorsi che era un plico rilegato in tipografia, tascabile. Sulla copertina trasparente, un titolo in grassetto, “ Condanna a morte”. Orrendo, pensai, e poi sotto il nome dell’autrice, Eva Ranieri. Cominciai a sfogliarlo e lessi una dedica: “ a mio padre, che mi conosceva meglio di chiunque altro” Alla pagina seguente il primo capitolo: “Se hai tra le mani questo libro vorrà dire che ciò che ho fatto è servito, questo non è un racconto o una storia fantastica, è la mia vita, quella di una donna che per amore ha fatto solo sbagli ma che ora si trova in pericolo, e questo è il mio solo modo per comunicarlo”. E poi il nulla. Non era scritto più niente, pagine vuote, ma nell’ ultima un numero di telefono, un cellulare. Istintivamente lo segnai, misi il plico in borsa e andai via. Salii sulla metropolitana che prendevo di solito, una delle linee più affollate dove è difficile trovare posto, e non appena arrivata scesi di fretta e furia e mi incamminai verso casa. Il mio appartamento era in una zona periferica ma tranquilla, piccolo e accogliente, mi ci ero trasferita dopo essermi lasciata con il mio ex. Mi spogliai, accesi la televisione, preparai un toast e mi sedetti sul divano. Ovviamente quello che era successo non mi aveva lasciato indifferente. Presi il telefono e chiamai quel numero. Squillava ma nessuno rispose. Una parte di me pensò ad uno scherzo, architettato per ridere e fare qualcosa di diverso, dopotutto quello che mi stava succedendo era assurdo e difficile anche da raccontare. Smisi di pensarci e vedendo la tv mi addormentai sul divano. Il mio sonno fu talmente profondo che mi risvegliò soltanto un raggio di sole che proveniva dalla finestra e mi finiva dritto nell’occhio. Guardai l’ orologio ed erano le sei. Mi avviai verso il fornello per preparare il caffè, mentre in sottofondo ascoltavo il tg, e proprio tra le notizie di cronaca ne ascoltai una che mai avrei pensato di sentire. “Questa mattina è stato trovato il cadavere di una ragazza. La donna aveva con sé i documenti, e gli effetti personali, attraverso i quali le forze dell’ordine sono risaliti alla sua identità, si tratta di Eva Ranieri”. A quel punto la macchinetta mi scappò dalle mani e il mio primo pensiero fu quello di scovare nella borsa il plico ma purtroppo non trovai nulla, sembrava essere scomparso.