Non sono un'assassina (episodio 2)

Per la serie Non sono un'assassina, ecco l'episodio 2. Nel caso vi foste perso il primo, lo trovate qui.

Non sono un'assassina
Rosaria Russo

 

Controllai la borsa da cima a fondo ma nulla, quello che stavo cercando non c’era più. Forse lo avevo perso o magari era caduto durante il tragitto in mezzo a quella folla. Cercai di riprendere la calma, provare a riordinare le idee e pensare a cosa fare. Andare dalla polizia e raccontare tutto, fu il mio primo pensiero. Chiamai in ufficio e mi presi qualche giorno di ferie. Ne avevo accumulate tante, soprattutto da quando ero tornata single. Non sarei riuscita a connettere in quello stato di tensione nel quale mi trovavo. Quella donna mi aveva chiesto aiuto e io non ero stata in grado di aiutarla e per giunta avevo perso anche l’ unico elemento che provava la mia versione dei fatti. Avevo chiamato quel numero e risultava sicuramente nei tabulati telefonici. Probabilmente ero stata l’ultima a telefonare. Mi stavo cacciando in un grosso guaio inconsapevolmente. Quando entrai in commissariato e dissi al piantone di avere notizie sulla morte di Eva Ranieri, quel ragazzo sulla ventina, con occhi azzurri e grandi e uno sguardo impaurito, fece un balzo e mi chiese di aspettare solo un attimo. Nemmeno il tempo di sedermi che vidi arrivare due uomini dalla corporatura massiccia. “Commissario Allegri” disse uno. “ Ispettore Cassino” continuò l’altro. Mii accompagnarono in un ufficio, dove sedetti tesa come una corda di violino su una poltroncina girevole un po’ sbilenca. “Allora, ha detto di avere notizie su Eva Ranieri, prego” cominciò il commissario. Il tono era gentile ma anche freddo. Probabilmente non si fidava di una sconosciuta piombata senza una ragione precisa a raccontare di sapere chissà cosa su una indagine che stava appena cominciando. Raccontai quello che mi era capitato, tutto di un fiato, quasi per evitare domande, che mi avrebbero potuto confondere e far sbagliare. La storia del plico scomparso probabilmente sembrò una bugia, considerata l’espressione titubante dei miei ascoltatori. “ Quindi lei ha chiamato al cellulare che compariva sul plico, e ha ricevuto risposta?” “No, squillava ma nessuno ha risposto, così ho pensato ad uno scherzo di cattivo gusto e non ho più riprovato, poi mi sono addormentata e stamattina ho ascoltato la notizia in tv”. “D’accordo signora Alessi, terremo conto di quello che ci ha raccontato e si tenga a disposizione per eventuali altri chiarimenti, arrivederci” disse l’ispettore, portandomi la mano in segno di saluto. Andai via da quel posto sollevata e preoccupata allo stesso tempo. Non mi sembrava che avessero creduto alla mia versione dei fatti. Forse mi consideravano una mitomane pronta a tutto pur di avere attenzione. Certo il numero sul telefono di quella donna lo avrebbero trovato. Ma non sapevo in che modo lo avrebbero collegato alla spiegazione che avevo dato loro. Quando entrai in casa andai al pc e cominciai a fare delle ricerche su quella donna. Non c’era molto. Non aveva nemmeno un profilo social, sembrava non essere mai esistita. Mentre cercavo nel nulla, mi arrivò una mail; si trattava della solita pubblicità ma cancellandola mi accorsi che la casella dello spam era piena. Aprendolo notai mail che provenivano dallo stesso indirizzo, e leggendolo rimasi sconvolta nel vedere ben chiaro il nome di Eva Ranieri. La prima era esplicita: “ smettila di perseguitarmi”, poi la successiva e tutte le altre. Erano uguali, indicavano un odio nei miei confronti, o meglio verso colei che le stava rovinando la vita. Guardai le date. Cominciavano qualche mese prima fino all’ ultima, risalente alla vigilia della sua morte. Le cancellai di getto, come se quel gesto istintivo bastasse a non lasciarne traccia ma sapevo perfettamente che non era così. Ero allibita e scioccata. Non avevo mai visto prima quella donna, e nemmeno le avevo mandato qualche messaggio, ma allora tutto quello che stava succedendo cosa significava?